L’ho uccisa perché l’amavo. Falso!” di Michela Murgia e Loredana Lipperini
Le due autrici vogliono qui dire basta a un certo modo di parlare di femminicido cui la cronaca indulge. Spesso infatti i media danno un’implicita giustificazione del delitto classificandolo come passionale, dovuto a uno scatto d’ira, alla gelosia, da mettere in conto all’amore. Il libro mette in evidenza le trame che si nascondono dietro questi gesti drammatici, evdienziando come la loro origine sia in un modo sbagliato e assurdo di intendere l’amore e il rapporto umo-donna. L’obiettivo è far guardare le cose da un altro punto di vista, dalla propettiva scomoda delle vittime, obbligare ad ascoltare quelle storie che non fa piacere sentire. Agire in direzione di un cambiamento culturale è infatti il miglior modo per prevenire queste violenze.
“Il male che si deve raccontare” di Simonetta Agnello-Hornby e Marina Calloni,
Non solo un libro di ricordi, racconti di violenze subite da vittime indifese nella loro stessa casa, ma anche un libro per combattere la violenza domestica, ridurla, cancellarla. Le due autrici espongono un sistema semplice ed efficace per condurre questa lotta, un sistema che coinvolge servizi sociali e sanitari, welfare, scuole. Questo libro rappresenta un passo importante nella battaglia, non solo perché informa – e la conoscenza, si sa, è già di per sé un’arma importantissima – ma anche perché i proventi delle vendite stanno contribuendo alla creazione di Edv (Eliminate Domestic Violence) Italy, filiale italiana dell’associazione contro la violenza domestica creata da Lady Scotland in Gran Bretagna.
“Ferite a morte” di Serena Dandini
L’autrice parte qui da storie vere su vittime di femminicidio, e immagina cosa potrebbero raccontare queste donne se fossero ancora vive. Attraverso la scrittura, cerca di ridare loro una voce, di renderle libere almeno da morte, dopo essersi consumate in drammi che si svolgono troppo spesso nel chiuso delle pareti di casa, dopo aver subito le peggiori violenze proprio in quei luoghi in cui avrebbero dovuto sentirsi più sicure, da parte di uomini che dicevano di amarle. E in Italia questa realtà è, purtroppo, ben viva e presente: i numeri lo confermano.
“Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne”, scritto dalle autrici del blog del Corriere.it La 27esima ora.
Si tratta di un’inchiesta di drammatica attualità su un’emergenza nazionale, di cui gli omicidi rappresentano solo l’epilogo più evidente, dietro ai quali si celano anni do soprusi, abusi, maltrattamenti passati sotto silenzio.
“Mia per sempre” di Cinzia Tani.
L’autrice racconta qui alcuni tra gli ultimi e più efferati delitti, scavando alle radici del problema nel tentativo di fare giustizia (con l’aiuto di criminologi, psicologi e magistrati) dei tanti luoghi comuni con i quali si tende a mascherare il fatto che le donne devono ancora misurarsi con una violenza di genere che le conquiste sociali non sono riuscite a debellare. Chiamare questi delitti “passionali” o “della gelosia”, frutto di un accesso di rabbia o di un momento di “blackout”, sostiene l’autrice, significa solo cercare alibi per gli assassini.E a questi assassini alibi non vanno forniti, non ci possono essere giustificazioni. Sono gesti che vanno analizzati, di cui bisogna comprendere le radici profonde, che affondano in una millenaria concezione del rapporto uomo-donna oggi inaccettabile, per poterli eliminare. I libri devono schierarsi in prima linea in questa battaglia, e lo stanno già facendo. Attraverso saggi e inchieste, ma anche attraverso le opere sempre più numerose di autrici di narrativa, che nelle loro storie descrivono il mondo dei sentimenti vissuto dalle donne. Perché la verità sull’amore e sulle relazioni umane può essere solo un racconto scritto a più voci, da tutti i punti di vista. E insegnando a immedesimarsi nell’altro, i libri sono uno strumento potente per aiutare a fermare la violenza.