La presenza delle donne nel mondo del lavoro è documentata dai censimenti della popolazione italiana, che in decenni successivi ne fotografarono l’evolversi del fenomeno e le sue sfaccettature.La definizione “i lavori delle donne” sta ad indicare una delle principali peculiarità dell’occupazione femminile:
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Lavoro pagato e non pagato
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Lavoro familiare e di cura
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Lavoro produttivo
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Lavoro per l’autoconsumo nelle attività agricole
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Lavoro professionale
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Lavoro a domicilio
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Lavoro precario
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Lavoro di servizio
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Lavoro marginale.
Quindi “lavori“ e non semplicemente “lavoro“ perché le donne hanno da sempre svolto una pluralità di mansioni, non solo una accanto all’altra, ma spesso contemporaneamente e combinandole sistematicamente tra loro.
L’inizio del ‘900 è ricco di presenze femminili nel mondo del lavoro in numerosi settori:
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nelle fabbriche
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nelle scuole
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negli ospedali
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nelle campagne
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negli uffici..…
Opinione diffusa è che le donne, in quell’epoca, stessero a casa e si occupassero dei numerosi figli, in realtà il numero effettivo delle presenze femminili è molto elevato: più del 50% della popolazione femminile in Italia dichiarava ufficialmente di esercitare una professione.
E’ presente, pertanto, una distorsione ed un pregiudizio tra i dati reali e quanto si crede comunemente: fu, in particolare, il fascismo e la sua ideologia ad operare per cancellare le tracce della presenza femminile nel mondo del lavoro degli anni precedenti.
Il regime con le leggi del 1938 tese ad espellere definitivamente le donne mercato del lavoro, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale ne vanifica l’attuazione, e le donne si troveranno a sostituire gli uomini occupati al fronte.
Nei primi anni del dopoguerra le donne costituiscono gran parte dei due milionidi disoccupati registrati nel 1947, soprattutto a causa della ristrutturazione dell’industria tessile e manifatturiera ad altissima composizione operaia femminile.
Inizia sia nelle fabbriche che nelle campagne un movimento di lotta per la parità salariale: ma solo nel 1960 avremo nell’industria “ll’accordo interconfederale“.
La forza di lavoro femminile, viene distribuita soprattutto nel terziario e in particolari settori industriali che richiedono abilità, precisione, pazienza, altissima ripetitività del lavoro, quali ad esempio:
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la meccanica di precisione
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la costruzione di apparecchiature elettriche
Si configura l’iter di lavoro tipico delle donne italiane: entrano nel lavoro stabile giovani, ma dopo il matrimonio e la nascita del primo figlio solo una quota rimane sul mercato del lavoro regolare, la maggior parte ne esce ed altre entrano nel lavoro marginale.
Arriva il lavoro a domicilio, che permette ai datori di lavoro di far fronte alla necessità di ottenere minori costi con ritmi elevati di produttività. Paradossalmente la lavoratrice trova l’enorme vantaggio di poter restare a casa senza apparenti obblighi di orario e scambia per “libertà” quella che è espressione di “sfruttamento ed emarginazione”, infatti:
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Le donne ricevono un salario inferiore rispetto a quello percepito in fabbrica
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Le donne perdono qualsiasi forma di protezione sociale
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Le donne sono sottoposte a ritmi di lavoro massacranti.
Il processo di scolarizzazione può essere indicato come uno dei veicoli principali di femminilizzazione del lavoro e l’istruzione come fonte di acquisizione di diritti.
Il lavoro femminile venne ad assumere una configurazione diversa, cominciò ad essere inteso come una fonte di autonomia, un mezzo per promuovere l’uguaglianza e l’indipendenza economica e fu sempre richiesto a gran voce dalle donne emancipate e dai sindacati di categoria al femminile.
Il modello che predicava l’estromissione delle donne dal mercato del lavoro extradomestico dominò solo in determinati settori, che vide i lavoratori uomini adoperarsi a lungo per ostacolare l’ammissione delle donne, pericolose concorrenti che accettavano bassi compensi: meglio dire che venivano pagate meno
La mobilità sociale in ascesa tra le donne fu strettamente correlata al livello degli studi, infatti non appena si garantì alle donne l’accesso all’istruzione, esse cominciarono a ricoprire nuovi incarichi, diventando competitive con gli uomini in numerose occupazioni: ma a questo non corrispose un adeguato riconoscimento economico.
Si assiste al fenomeno della “doppia presenza e del doppio lavoro” che non sta ad indicare solo un doppio ruolo ma un particolare modo d’essere:
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doppio lavoro indica una disposizione (ordinamento gerarchico) tra responsabilità familiari e lavorative e una partecipazione sequenziale a due organizzazioni temporali forti
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doppia presenza indica lo stare contemporaneamente in due realtà diverse, cercando di “conciliarle e di ricomporle in unità “