Luisa Spagnoli nasce a Perugia nel 1887; Sargentini é il suo cognome da ragazza; viene da una famiglia modesta: padre pescivendolo e madre casalinga.
In quel periodo i ruoli all’interno delle famiglie erano ben definiti e il destino delle figlie femmine il più delle volte scontato: la loro massima realizzazione era il matrimonio oppure l’ingresso in convento. Nell’ottocento le donne non avevano neanche il diritto di voto, come viene testimoniato in molti film, vedi per esempio Mary Poppins.
Luisa si sposa presto con Annibale Spagnoli, che insieme a Francesco Buitoni e altri due soci nel 1907 aprono una piccola pasticceria nel centro di Perugia. Le specialità erano veramente tante, come ci ricorda la nipote di Luisa, Mariella Spagnoli. Una di queste era la tavoletta di cioccolato fondente “Luisa”, che esiste ancora oggi. Infatti presto le vere specialità della casa diventano i cioccolatini.
Con la prima guerra modiale, le cose improvvisamente cambiano e la buona stella che sembra seguire la pasticceria decide di guardare altrove.
Luisa non si perde d’animo ….E una sera, dopo aver messo a letto i suoi figli, scende nel suo piccolo laboratorio di pasticceria e non si dà pace.Tra tavole di legno infarinate, forni spenti, bidoni pieni di granella di nocciola avanzati dalla lavorazione, cerca una soluzione. E’ soprattutto tutta quella granella di nocciola avanzata a ossessionarla.
Le nocciole sono un bene prezioso seppur ridotte a briciole; è un peccato doverle buttare, soprattutto in tempi di crisi, soprattutto quando la bottega sta fallendo.
Quella stessa notte Luisa prova a mettere insieme un po’ di nocciole spezzettate con della pasta di cacao e del Gianduja; scioglie del cioccolato fondente e lo versa sopra, con l’intento di cancellare le anomalie. Anche ricoperto di purissimo cioccolato fondente, quel cioccolatino ha un che di dimesso, di povero; quel grumo di cacao informe non ha la dignità di un cioccolatino e tantomeno può dirsi un dolce; è davvero poco elegante.
Allora Luisa ne fa un altro, cercando di modellarlo al meglio.
Questa volta prova a metterci sopra una nocciola intera, giusto per nobilitarlo un po’ prima di coprire il tutto con del cioccolato fondente fuso. Lavora tutta la notte, ne fa una cinquantina. Alla fine, guardando quel vassoio pieno di cioccolatini bitorzoluti e storti, pensa che assomiglino a tante piccole mani strette a pugno: sembrano dei cazzotti.
È infatti “cazzotto” il primo nome dato a quel bizzarro cioccolatino, di cui presto tutti i dipendenti si innamorano. Il prodotto ha però una brutta forma e un nome non molto invitante.
Il cioccolato era un lusso e veniva consumato solo in occasioni speciali oppure regalato; non si poteva rappresentare con “un cazzotto”.
Giovanni, figlio di Francesco Buitoni, innamorato di Luisa, ha un’intuizione vincente: cambiare il nome e farne una confezione da regalo.
Regalare baci è senz’altro più invitante che comprare cazzotti.
Con il “bacio” si risollevano le sorti dell’azienda e si suggella un amore passionale e coraggioso, che non si cura della differenza di età (Giovanni ha quattordici anni meno di Luisa).