“…è fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica e quindi inadatta a valutare obiettivamente, serenamente saggiamente, nella loro giusta portata, i delitti e i deliquenti”.
Chi è?
E’ “la donna giudice” ovverosia la grazia contro la giustizia”, così descritta in un libercolo di 70 pagine, pubblicato nel 1957 e scritto da Eutimio Ranelletti, presidente onorario della Corte di Cassazione,
L’ ammissione delle donne all’esercizio delle funzioni giurisdizionali in Italia ha segnato il traguardo di un cammino lungo e pieno di ostacoli.
La legge 17 luglio 1919 n. 1176 ammetteva le donne all’ esercizio delle professioni ed agli impieghi pubblici, ma le escludeva espressamente dall’ esercizio della giurisdizione.
Il dibattito in seno all’ Assemblea Costituente circa l’ accesso delle donne alla magistratura fu ampio e vivace e rivelatore delle antiche paure che la figura della donna magistrato continuava a suscitare:
- “nella donna prevale il sentimento sul raziocinio, mentre nella funzione del giudice deve prevalere il raziocinio sul sentimento” ( on. Cappi);
- “ soprattutto per i motivi addotti dalla scuola di Charcot riguardanti il complesso anatomo-fisiologico la donna non può giudicare” (on. Codacci);
- “non si intende affermare una inferiorità nella donna; però da studi specifici sulla funzione intellettuale in rapporto alle necessità fisiologiche dell’ uomo e della donna risultano certe diversità, specialmente in determinati periodi della vita femminile” (on. Molè)
- “si ritiene che la partecipazione illimitata delle donne alla funzione giurisdizionale non sia per ora da ammettersi. Che la donna possa partecipare con profitto là dove può far sentire le qualità che le derivano dalla sua sensibilità e dalla sua femminilità, non può essere negato. Ma negli alti gradi della magistratura, dove bisogna arrivare alla rarefazione del tecnicismo, è da ritenere che solo gli uomini possono mantenere quell’ equilibrio di preparazione che più corrisponde per tradizione a queste funzioni” (on. Leone)
Solo la legge n. 66 del 9 febbraio 1963 consentì l’accesso delle donne a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura.
Al primo concorso otto di loro risultarono vincitrici e nel 1965 entrarono nel ruolo della magistratura.
Una di queste era Maria Gabriella Luccioli.
Nata a Terni il 7 maggio 1940, nel 2008 diventa la prima donna nominata Presidente di sezione della Cassazione.
Nel 2007 in una importante sentenza sul caso di Eluana Englaro, afferma il “diritto alla autodeterminazione terapeutica” per i malati terminali.
Nel 2013 emana una storica sentenza nella quale legittima l’affido di un bambino a una coppia formata da due donne, in quanto “un bambino può crescere in modo sano ed equilibrato anche con una coppia omosex, non vii sono certezze scientifiche o dati di esperienza che provino il contrario”
Negli ultimi vent’anni le sue sentenze hanno influito notevolmente nella revisione del diritto di famiglia, dall’obbligo del cognome paterno per i figli legittimi, alla tutela del coniuge più debole, sull’assegno di divorzio, all’addebito di separazione.
Maria Gabriella non vuole solo fare carriera in un mondo maschile, ma vuole costruire un modello diverso di giudice, sulla base di competenza, proifessionalità, ma soprattutto di umanità e di sensibilità femminile.
Dice infatti che “il valore della differenza di genere non va negato dietro la toga anonima, ma rivendicato, perché arricchisce uomini e donne. Solo le donne possono introdurre la cultura di genere, i valori della differenza, il rispetto dei loro diritti. Con la loro presenza e le loro idee possono portare avanti certe battaglie che finora sono state quasi completamente ignorate da molti colleghi uomini, anche dai migliori”
Nel 2013 per la nomina del nuovo Presidente della Cassazione Maria Gabirella figura (per la prima volta una donna) tra gli 8 candidati.
La sua candidatura è sostenuta da diverse associazioni – Tribunale 8 marzo, Noi Rete Donne, C.I.F. (Centro Italiano Femminile), Soroptimist International d’Italia, U.D.I.(Unione Donne in Italia), A.N.D.E. (Associazione Nazionale Donne Elettrici),A.I.D.D.A. (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda),C.N.D.I. (Consiglio Nazionale Donne Italiane, Noi Donne, Fondazione Bellisario, Arcidonna, Club Unesco d’Italia, Casa Internazionale delle Donne, Archivia, Unicpo– che, con una lettera al Predente della Repubblica, sottolineano che:
“è questa l’occasione per dare concretezza al processo da tempo in atto nella società civile e nelle istituzioni democratiche per la piena realizzazione della parità tra donne e uomini, parità che costituisce principio fondamentale della Unione europea…”.
Il 18 aprile la Corte vota il suo Presidente: è Giulio Santacoce.
Aspettiamo la prossima occasione……