STORIE DEL LUNEDI: La bici e Alfonsina Strada

 

Non c’è più l’Alfonsina!”

Non c’è più chi?” Mi chiedono i colleghi di lavoro che non capiscono di chi stia parlando.

Agitatissima spiego loro che Alfonsina la Poderosa, la mia bicicletta, è scomparsa. Non è più dove l’avevo parcheggiata. All’inizio penso e spero in uno stupido scherzo ma poi devo arrendermi all’idea del furto.

Faccio fatica a crederci. All’ora di pranzo era lì, ne sono certa ed ora nessuna traccia.

 Aveva 10 anni e non li dimostrava per nulla. Era più di un semplice mezzo di trasporto. La utilizzavo per tutti i miei spostamenti, era la fedele compagna nel tragitto casa/lavoro, la usavo per andare al supermercato, per recarmi a trovare amici e, cosa più importante, per le ciclo vacanze.

 Alfonsina mi aveva accompagnata nelle mie avventure di cicloturista in alcuni dei percorsi che rimangono tra i miei preferiti sopportando il mio peso e quello dei bagagli facendomi pedalare con un senso di totale sicurezza. Ogni volta che poggiavo le mani sul manubrio e i piedi sui pedali era come se completassi di vestirmi. Ero arrivata a sentire la sensazione che lei fosse come un prolungamento del mio stesso corpo e per questo ora sentivo che nel portarmela via era come se mi avessero strappato qualcosa di dosso.

Era la prima bicicletta importante che avevo comprato, così importante da meritarsi un nome speciale: Alfonsina dal nome di Alfonsina Strada, prima e unica donna ad aver partecipato al giro d’Italia nel 1924 e, La Poderosa dal nome della moto con cui il giovane Che Guevara nel 1951 fece un viaggio alla scoperta dell’America latina.

Per lei avevo una cura che, utilizzata da altri avrei giudicato maniacale. Quando, pedalando, mi capitava di venir colta dalla pioggia, appena giunta a destinazione, la prima preoccupazione era quella di asciugarla per bene di modo che nessuna sua parte corresse il rischio di essere intaccata dalla ruggine.

Poco tempo prima del furto avevo deciso di comprare una nuova bicicletta, più leggera e maneggevole ma non mi riusciva di lasciare l’Alfonsina in garage per utilizzare quella nuova. Non era la stessa cosa. Di fatto, la prima portava un nome tanto evocativo, la seconda era semplicemente una bicicletta.

(testo e foto di Paola)

Ma chi era Alfonsina Strada?

Nel 1924, quando era normale per tutti che il compito di una donna fosse unicmente quello di starsene in casa ad accudire a figli e marito, la giovane Alfonsina Morini in Strada, sostenuta dal direttore della Gazzetta dello Sport (che vede in lei il modo di riaccendere l’interesse su una gara che ha pochi partecipanti), ma, contro il parere di tutti gli altri organizzatori dell’evento, ha l’ardire di iscriversi al Giro d’Italia.

Il suo nome nell’elenco dei partcipanti apparirà però solo 3 giorni prima dell’inizio della gara e mancante di una “a” fondamentale: Alfonsin Strada.

Errore o volontà di omettere una presenza femminile?

Ad ogni modo il giorno della partenza viene chiarito che quell’Alfonsin era Alfonsina e il tam tam tra la gente fa sì che una moltitudine di curiosi di tutta Italia si riversasse sui cigli delle strade per vedere una ragazza che, con le gambe nude e i capelli corti, sfidava gli uomini. C’era chi scommetteva che ben presto si sarebbe ritirata, molti le davano della svergognta, altri la sostenevano e Alfonsina arrivò.

Ultima, ma arrivò alla fine.

Più di 60 uomini non avevano retto alla fatica. Lei, era caduta, aveva subito fischi, insulti, volgarità, ma aveva compiuto un’impresa percorrendo 3613 chilometri tra pianti di rabbia e dolore, restando in sella dalle nove alle diciassette ore.

dal libro “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada

di Paolo Facchinetti, Edicicloeditore, 2004

https://www.youtube.com/watch?v=Zg9z3POGubE

le strade di alfonsina strada (documento)

https://www.youtube.com/watch?v=7mPPmcsVSfc

“FINISCE PER A. Soliloquio tra Alfonsina Strada, unica donna ad aver partecipato al Giro d’Italia maschile del 1924, e Gesù” – Piece teatrale

https://www.youtube.com/watch?v=LZSOx_a-VYM

I Tetes de Bois cantano “Alfonsina e la bici”, con la partecipazione di Margherita Hack

 

Alfonsina Strada è una delle 15 “Cattive Ragazze” di Assia Petricelli e Sergio Riccardi, Sinnos Editore, vincitore del Premio Andersen 2014 nella categoria Miglior Libro a Fumetti.

Le altre 14 sono donne che hanno segnato la storia in campi diversi: Olympe De Gouges, Nellie Bly, Elvira Coda Notari, Nawal El Saadawi, Antonia Masanello, Marie Curie, Aleksandra Kollontaj, Angela Davis, Claude Cahun, Domitila Barrios De Chungara, Franca Viola, Miriam Makeba, Hedy Lamarr, Onorina Brambilla.

Per vedere un estratto del libro:

 http://www.fumettologica.it/galleria/cattive-ragazze-di-assia-petricelli-e-sergio-riccardi/nggallery/image/page-11-14/

LE STORIE DEL LUNEDI: Marisa Bellisario e la Legge 120/2011

 

 

A Marisa Bellisario è stato dedicata una fondazione,

che, ogni anno, premia le donne che si sono distinte

in campo imprenditoriale, istituzionale, giornalistico,

sportivo, artistico, scientifico, culturale, internazionale.

 

 

 

 

 

«Marisa and gentlemen»:  cosi Marisa Bellisario racconta che si aprivano le riunioni in General Eletric negli anni 60, perché tra tutti i manager dell’azienda solo lei era donna.

Nata in provincia di Cuneo nel 1935, laureata in economia e commercio a Torino nel 1959, entra in Olivetti, dove, dopo un corso di formazione a Milano,  fa parte del gruppo dei primi specialisti del computer in Italia.

Marisa vive l’esperienza di questo ambiente “pionierisitco” con entusiasmo e passione, consapevole che questo momento rappresenta un passaggio significativo dello sviluppo tecnologico, indispensabile per la modernizzazione dell’industria italiana.

Dopo la cessione dell’Olivetti alla  General Electric, Marisa nel 1965 viene  nominata “direttore di prodotto”,  diventando una delle poche donne manager nel mondo in  campo informatico, settore di attività tradizionalmente maschile.

Nel 1970 General Electric si fonde con Honeywell, dando vita alla nuova società Honeywell Information Systems Italia; Marisa è ad un passo dalla nomina di Direttore Generale, ma alla sua candidatura viene preferito Carlo Peretti, in quanto la Honeywell, pur valutando positivamente la sua candidatura, ritiene prematura la nomina di una donna per una posizione del genere

Due anni dopo, richiamata in Olivetti, Marisa assume la nuova direzione della Pianificazione operativa.

E’ un compito difficile: si tratta di strutturare il passaggio dell’Olivetti dalla produzione della “grande informatica” all’”informatica distribuita”, attraverso una radicale trasformazione di prodotto e di processo e con un nuovo approccio organizzativo e commerciale.

Nel 1978 arriva in Olivetti Carlo De Benedetti, in qualità di AD, con il quale Marisa  ha dei rapporti difficili e, proprio per questo, viene nominata Presidente della Olivetti Corporation of America, consociata americana che necessita di una profonda ristrutturazione.

Marisa parte per gli Usa nel 1979; la determinazione e la competenza con cui porta avanti la sfida le fa acquisire notorietà a livello internazionale: «dinamica donna italiana» così definita da Word Processing World;  «rarità» tra le donne manager,  donna «che si è fatta da sola» dice Fortune;  chiamata alla National Computer Conference di Chicago nel 1981, prima donna ad essere  “oratore principale”.

Sulla scia di questi successi , nel 1981 ritorna in Italia come AD di Italtel e in tre anni riesce a risollevare le sorti di questa  azienda pubblica di telecomunicazioni, che raggruppava 30 aziende elettromeccaniche con 30.000 addetti, portando il fatturato in attivo e ampliando il mercato verso gli USA.

Il suo intervento sulle problematiche del lavoro in Italtel porta l’occupazione femminile,  tra quadri e nuove assunzioni dall’8% nel 1980 al 28% nel 1985.

Il meritato riconoscimento per il suo impegno arriva nel 1986 con il premio di Manager dell’anno.

Questo non significa però che il potere di una donna in azienda venga accettato serenamente; infatti nella nuova società Telit, che avrebbe dovuto nascere da Italtel e Telettra, azienda della FIAT, l’accordo non verrà raggiunto e la società non verrà creata proprio perché il cda FIAT si ostina a negare a Marisa il ruolo di AD.

La carriera di Marisa dimostra come  una donna determinata e capace, può arrivare a livelli alti da sola, senza scendere a compromessi, pur mantendo la sua forte  femminilità, che irrompe nel grigio mondo degli amministratori delegati.

Il suo percorso di successo è stato interrotto da una tumore alle ossa; Marisa muore nel 1988.

Per le donne Marisa rappresenta un esempio nuovo e diverso di come ogni donna, se anche parte da zero, può raggiungere ogni traguardo di successo, in campo pubblico  e privato.

A Marisa Bellisario è stato dedicata una fondazione, che, ogni anno, premia le donne che si sono distinte in campo imprenditoriale, istituzionale, giornalistico, sportivo, artistico, scientifico, culturale, internazionale.

http://www.fondazionebellisario.org

La storia di una donna così affascinante come Marisa Bellisario, richiama la problematica del ruolo delle donne in azienda.

La L.120/ 2011, ha introdotto l’obbligo per  gli organi di società quotate e società a controllo pubblico di garantire  tra gli  amministratori l’equilibrio tra i generi. Il genere meno    rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti .

Tale criterio si applica per  tre  mandati consecutivi.

Dal 2011 molte più donne sono state nominate ai vertici delle aziende, ma  il vero cambiamento ci sarà quando le donne verranno scelte esclusivamente per le loro capacità e le loro competenze  e potranno fare carriera perché c’è un sistema di conciliazione adeguato.

Concordiamo con Barbara Saba di “ Valore D” quando afferma che “più donne ci sono nella politica, nel business , nella ricerca, più donne saliranno sull’ascensore sociale”.

 

LE STORIE DEL LUNEDI – Luisa Spagnoli e la storia del “Bacio”

Luisa Spagnoli nasce a Perugia nel 1887; Sargentini é il suo cognome da ragazza; viene da una famiglia modesta: padre pescivendolo e madre casalinga.

In quel periodo i ruoli all’interno delle famiglie erano ben definiti e il destino delle figlie femmine il più delle volte scontato: la loro massima realizzazione era il matrimonio oppure l’ingresso in convento. Nell’ottocento le donne non avevano neanche il diritto di voto, come viene testimoniato in molti film, vedi per esempio Mary Poppins.

Luisa si sposa presto con Annibale Spagnoli, che insieme a Francesco Buitoni e altri due soci nel 1907 aprono una piccola pasticceria nel centro di Perugia. Le specialità erano veramente tante, come ci ricorda la nipote di Luisa, Mariella Spagnoli. Una di queste era la tavoletta di cioccolato fondente “Luisa”, che esiste ancora oggi. Infatti presto le vere specialità della casa diventano i cioccolatini.

Con la prima guerra modiale, le cose improvvisamente cambiano e la buona stella che sembra seguire la pasticceria decide di guardare altrove.

Luisa non si perde d’animo ….E una sera, dopo aver messo a letto i suoi figli, scende nel suo piccolo laboratorio di pasticceria e non si dà pace.Tra tavole di legno infarinate, forni spenti, bidoni pieni di granella di nocciola avanzati dalla lavorazione, cerca una soluzione. E’ soprattutto tutta quella granella di nocciola avanzata a ossessionarla.

Le nocciole sono un bene prezioso seppur ridotte a briciole; è un peccato doverle buttare, soprattutto in tempi di crisi, soprattutto quando la bottega sta fallendo.

Quella stessa notte Luisa prova a mettere insieme un po’ di nocciole spezzettate con della pasta di cacao e del Gianduja; scioglie del cioccolato fondente e lo versa sopra, con l’intento di cancellare le anomalie. Anche ricoperto di purissimo cioccolato fondente, quel cioccolatino ha un che di dimesso, di povero; quel grumo di cacao informe non ha la dignità di un cioccolatino e tantomeno può dirsi un dolce; è davvero poco elegante.

Allora Luisa ne fa un altro, cercando di modellarlo al meglio.

Questa volta prova a metterci sopra una nocciola intera, giusto per nobilitarlo un po’ prima di coprire il tutto con del cioccolato fondente fuso. Lavora tutta la notte, ne fa una cinquantina. Alla fine, guardando quel vassoio pieno di cioccolatini bitorzoluti e storti, pensa che assomiglino a tante piccole mani strette a pugno: sembrano dei cazzotti.

È infatti “cazzotto” il primo nome dato a quel bizzarro cioccolatino, di cui presto tutti i dipendenti si innamorano. Il prodotto ha però una brutta forma e un nome non molto invitante.

Il cioccolato era un lusso e veniva consumato solo in occasioni speciali oppure regalato; non si poteva rappresentare con “un cazzotto”.

Giovanni, figlio di Francesco Buitoni, innamorato di Luisa, ha un’intuizione vincente: cambiare il nome e farne una confezione da regalo.

Regalare baci è senz’altro più invitante che comprare cazzotti.

Con il “bacio” si risollevano le sorti dell’azienda e si suggella un amore passionale e coraggioso, che non si cura della differenza di età (Giovanni ha quattordici anni meno di Luisa).